Succede ogni autunno, sull'isola di Thisby.
Dalle gelide acque dell'oceano si spingono a riva i cavalli d'acqua,
creature affascinanti e crudeli che gli abitanti catturano per montarli
nella Corsa dello Scorpione. Il vincitore guadagnerà fama e denaro, i
meno fortunati incontreranno la morte. Ma qualcosa cambia quando alla
gara si iscrive Kate Connolly, capelli rossi e tempra di ferro. Kate è
determinata a correre con la sua cavalla Dove, sfidando usanze secolari
che vogliono solo concorrenti maschi e nessun cavallo ordinario. Certo,
non ha molte possibilità contro Scan Kendrick, diciannove anni, il
favorito, esperto domatore di cavalli. Nessuno dei due è preparato a ciò
che sta per succedere, perché quest'anno la Corsa dello Scorpione non
sarà solo questione di gloria e denaro, ma di amore e destino.
Un'isola selvaggia sferzata dal vento. Due protagonisti nati di fronte all'infinito orizzonte e forgiati nell'inferno che si agita sotto la superficie del mare: duri, audaci, di poche parole. Una storia d'amore delicata e intensa che si muove in punta di piedi sui silenzi, sugli sguardi, su attenzioni rubate. Un elemento soprannaturale che occhieggia al mito e alla poesia, per poi diventare altro.
Un'isola selvaggia sferzata dal vento. Due protagonisti nati di fronte all'infinito orizzonte e forgiati nell'inferno che si agita sotto la superficie del mare: duri, audaci, di poche parole. Una storia d'amore delicata e intensa che si muove in punta di piedi sui silenzi, sugli sguardi, su attenzioni rubate. Un elemento soprannaturale che occhieggia al mito e alla poesia, per poi diventare altro.
Questi gli ingredienti del meraviglioso romanzo autoconclusivo La corsa delle onde di Maggie Stiefvater, che avevo già conosciuto con Shiver (primo libro di una saga che non ho continuato a leggere perché un po' troppo adolescenziale) e che mi ha letteralmente incantato. Pagine che rasentano la perfezione (non fosse per i diversi refusi riscontrati), immagini che ti entrano dentro, e una storia semplice ma al contempo originalissima.
Devo dire che la presentazione in quarta di copertina e sulle alette non mi aveva attratta: la descrizione della trama non rende giustizia alla potenza della scrittura. I cavalli poi, al di là di un po' di simpatia, non mi ispiravano. Ma c'è da dire che l'elemento soprannaturale - i capall uisce, cavalli d'acqua - in questo libro è quasi un superfluo, è tutto il resto che domina, che funziona, ammaliando il lettore, soprattutto l'isola, che sembra palpitare, sussurrare attraverso le pagine, e invitarti a vederla davvero.